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Teorie e prassi: la città dei 15 minuti

L'ingresso gratuito all'ADI Design Museum per i giovani che lo possono raggiungere in un quarto d'ora dal luogo di studio o dalla loro casa: un tassello nella costruzione di una prassi virtuosa


Molte teorie, per quanto fascinose, non trovano sempre una loro concretizzazione: a volte passano decenni prima di essere comprese e applicate; è lo scotto che si paga ad essere visionari e anticipatori, un prezzo legato alla difficoltà di scardinare convenzioni, certezze apodittiche o semplicemente confortevoli abitudini.

Nel 1923, in un concorso di architettura urbana per Chicago, per la prima volta si parla di città dei 15 minuti, un'idea per superare la contrapposizione centro/periferia, un'ipotesi per una città più sostenibile nei ritmi e nel rapporto con l’ambiente. Punto di forza della teoria era la prossimità di offerte culturali, capaci di qualificare l’abitare attraverso la costruzione di un rapporto costante con i luoghi della cultura stessa, ben oltre la loro semplice visita occasionale. Dopo quasi cento anni il sindaco di Parigi Anne Hidalgo fa propria questa teoria e ne comincia la sperimentazione attiva nei diversi quartieri parigini. 

Per la nostra città, 'Milano 2020' è il documento di indirizzo condiviso tra istituzione e cittadini che fa propria anche la teoria della città dei 15 minuti; tutti progetti in linea con l’indirizzo della Comunità Europea. L’apertura dell’ADI Design Museum -  Compasso d’Oro è un tassello nella costruzione di una prassi virtuosa per sostenere il progetto di città dei 15 minuti. Uno degli obiettivi è quello di fidelizzare il pubblico di prossimità a vivere il museo come luogo dove incontrarsi, condividere esperienze, anche semplicemente divertirsi insieme. Un lavoro di costruzione di una comunità di interesse ben radicata sul territorio.



Uno strumento concreto per attivare questo progetto è rappresentato dalla gratuità di ingresso per i giovani studenti che vivono nel raggio dei 15 minuti in bicicletta. Una estensione che permette di coinvolgere la città dalla cerchia delle mura spagnole fino alle zone più a nord quali Ghisolfa, Dergano, Niguarda, Bovisa e Greco-Bicocca. La gratuità per i giovani residenti si somma alle riduzioni e agevolazioni previste comunque per tutti gli studenti in visita al museo, cosi come a tutti i gruppi convenzionati e alle categorie fragili. Uno sforzo economico, sostenuto da un ente privato come il nostro, nell’ottica di contribuire attivamente alla valorizzazione della cultura del progetto.

L’ADI Design Museum è il primo che a Milano promuove questa prassi: bello sarebbe che altre Istituzioni, magari pubbliche e non solo private come la nostra, aderissero concretamente a questa idea di futuro indicato nel documento Milano 2020.
Il rischio concreto che corriamo, aderendo a questa idea di città, è quello di essere troppo in anticipo sui tempi di maturazione di una vera consapevolezza civile e sostenibile, forse di essere fraintesi per mancanza di informazioni o voglia di approfondire questioni che vanno ben oltre il nostro quartiere, ma è certo un rischio che il design ha il dovere di affrontare.

Luciano Galimberti, presidente ADI