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Design Economy 2020

Il punto sul sistema design italiano


L'Italia è il paese europeo che conta il maggior numero di imprese del settore del design: sono quasi 34.000 – il 15,5 per cento delle circa 217.000 imprese europee dello stesso settore – con 64.551 addetti e un valore aggiunto di oltre 3 miliardi di euro. È il ritratto più recente del design italiano illustrato nella ricerca Design Economy 2020, realizzata da Fondazione Symbola, Deloitte Private e POLI.design, con il supporto di ADI, CUID e Comieco, e con il patrocinio del Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale.

Livello di occupazione e volume d'affari del design in Italia sono inferiori, in ambito europeo, solo a quelli di Germania e Gran Bretagna: l'Italia ha un volume di vendite pari al 14,8 per cento di quello europeo (di (27,5 miliardi) e, all'interno del settore, in Italia contribuiscono a questo risultato soprattutto il legno-arredo, l'abbigliamento e l'automotive.

Tra i centri metropolitani Milano rimane il quello più importante, con una concentrazione del 14,5 per cento del totale nazionale delle imprese del design, seguita da Roma (6,5 per cento) e da Torino (5,2 per cento). E rimangono fortissime le specializzazioni territoriali per i vari settori: le Marche per arredamento e calzature, seguite da Friuli Venezia Giulia, Emilia Romagna e Veneto, con forti concentrazioni di aziende dell'abbigliamento, della meccanica, della ceramica e ancora del mobile.

Sull'altro piatto della bilancia il consueto punto critico: alto numero di professionisti e microimprese con meno di 100.000 euro di fatturato (che occupano il 53,4 per cento degli addetti) contrapposto a un vertice di poche imprese con un fatturato superiore ai 5 milioni di euro (per l'8,4 per cento dell'occupazione).

Un panorama che guardare anche al futuro, grazie ai 242 corsi di studio in design offerti da 18 università, 6 ISIA, 14 Accademie di Belle Arti e numerose altre scuole pubbliche e private, da cui sono usciti 8.244 designer con titoli AFAM, cioè ufficialmente riconosciuti dallo Stato. 

Il Covid-19? Ovviamente ha conseguenze anche sul design, anche se il 45 per cento dei professionisti dichiara di non aver interrotto l'attività, pur a fronte di una diminuzione della domanda del 68,2% e dell'incombere di problemi di liquidità (48,3%). Ma il settore reagisce bene considerando la crisi attuale uno stimolo al cambiamento e all'innovazione, all'insegna della riprogettazione degli spazi pubblici e privati, dalla ristorazione alla pubblica amministrazione, alla sanità, al lavoro domestico.

Viene in conclusione confermata la correlazione positiva tra investimenti in design e sviluppo, in termini di fatturato, numero di addetti ed esportazioni. 

"È sempre più evidente il processo di apprendimento delle imprese sul ruolo del design per rendere competitivo e sostenibile il sistema paese", dice Francesco Zurlo, presidente di POLI.design e preside vicario della Scuola del Design del Politecnico di Milano, oltre che membro del Comitato di selezione finale dell'Osservatorio permanente del Design ADI. "Al di là della tradizionale idea del design – ovvero il prodotto bello e ben fatto – ci accorgiamo che sempre di più lo si considera un vero e proprio asset strategico."

Design e sostenibilità insomma, si confermano come il motore della crescita.


Design Economy 2020: la ricerca completa