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Il progetto riformatore

Il design italiano come modificazione continua del contemporaneo attraverso la qualità


Le ultime edizioni delle selezioni ADI Design Index, preliminari al premio ADI Compasso d’Oro, si sono svolte in un contesto internazionale estremamente difficile, così come difficile continua ad essere il contesto dell’edizione 2023: emergenze ambientali e guerra sono ancora purtroppo lo sfondo di un appuntamento ormai consolidato e atteso di promozione del sistema paese, che coincide con la chiusura delle selezioni per l’edizione del Compasso d’Oro che festeggerà il prossimo giugno i settant’anni della sua storia. In questo scenario la scelta del tema guida delle selezioni è argomento delicato e strategico: la qualità, che nelle sue sfaccettature è elemento connettivo per tutto il design italiano.

La qualità delle proposte progettuali legate alla qualità produttiva; la qualità manifatturiera, per arrivare alla qualità dei processi; qualità come fattore distintivo e strutturale di sviluppo sostenibile e responsabile; qualità come connettore presente nell'intera filiera del design italiano: nucleo centrale attorno al quale concepire e sviluppare idee innovative per coniugare funzionalità e benessere.

Qualità come fattore di consapevolezza del design italiano, qualità come conferma e sfida costante per il design italiano, qualità come vera e propria materia prima del design italiano. La qualità non più come obiettivo finale, ma come riconoscimento di un metodo che nei suoi passaggi qualifica l’eccellenza del Made in Italy.

L’energia propositiva del design italiano per l’ambiente e per la costruzione di una società migliore rappresenta un vero e proprio paradigma da condividere ad ampio raggio, che tocca argomenti fondamentali per il nostro pianeta visto in una visione non più strettamente antropocentrica.

Progettare è un gesto legato al nostro intimo, un gesto capace di illuminare la nostra vita, un’attività propositiva che rende sostenibili le nostre paure e si nutre delle nostre speranze, un gesto che nella sua semplicità assume, in un momento dove le ombre della vita sembrano prevalere, una valenza simbolica forte. Progettare per la contemporaneità pone problemi di ruolo e di metodo: superate le illusioni del Modernismo o il disimpegno del Postmodernismo, ci resta l’idea di un progetto riformatore di design come modificazione continua del contemporaneo, un progetto che si carica di senso solo all’interno di un più vasto progetto sociale e acquista valore attraverso il dispiegarsi disciplinare nelle sue applicazioni concrete.

Scienza e tecnologia hanno oggi bisogno di nuove domande per poter elaborare nuove risposte orientate ai valori del progresso sociale. Solo una disciplina consapevole che il progetto di design non può limitarsi a prudente misura della distanza dagli obiettivi ci aiuterà a capire i caratteri dinamici che la modificazione continua del contemporaneo impone: è una questione di consapevolezza, ma anche di responsabilità tesa verso valori che possono oggi sembrarci irraggiungibili e la cui dissoluzione può essere arginata tramite questa azione di comprensione continua.

ADI Associazione per il Disegno Industriale fin dalla sua costituzione ha inteso il design italiano come una disciplina sistemica, ispirata alla cosa più strutturalmente sistemica che ci sia, ovvero la vita stessa; una disciplina quindi saldamente radicata nei fatti, nelle idee, nei sogni, ma anche negli interessi che si incontrano nelle nostre attività quotidiane. Un lavoro svolto da ADI per rappresentare la filiera di questa disciplina sistemica, ma soprattutto per costituire un luogo dove i tanti soggetti di questa comunità – che semplificando chiamiamo design italiano – possano essere capaci di reinventare se stessi in una modalità costantemente rinnovata

Se la qualità diventa fattore decisivo per i nostri progetti, ecco che definire ambiti condivisi di misura del senso delle proposte risulta importante e strategico.

La qualità è argomento vasto e sovente ricco di fraintendimenti e, proprio perché questione aperta, è necessario esercitare un’azione che aiuti a chiarire criteri e parametri, ma soprattutto a definire un comune territorio di condivisione del senso stesso della parola qualità.

Troppo spesso la qualità viene usata come semplice indice di appartenenza a un insieme di fattori produttivi, che generalmente si identificano con un valore economico elevato, a sconfinare concettualmente nel settore del lusso.

Per il design italiano questo equivoco deve essere risolto e chiarito attraverso la definizione di criteri che diano forma alla qualità come processo progettuale, realizzativo e distributivo permanente, capace di creare valore durevole nel tempo. Una differenza quindi sostanziale e culturale tra un mercato che guarda al risultato del processo autoreferenziale, rispetto a un modello virtuoso, intrinseco al Made in Italy, che invece è sistemico, basato su valori ponderati e possibilmente condivisi, di cui l’ADI Design Index è piattaforma e misura.

Luciano Galimberti, presidente ADI