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Invito a una riflessione

“Design è ascoltare la società”: una definizione, tra il rivoluzionario e l’ovvio, di Andrea Cancellato e Stefano Micelli, apparsa in un recente articolo sul Corriere della Sera (3 aprile 2020, p. 39; e corriere.it) è la premessa a una riflessione attorno al mondo del progetto in tempi di Coronavirus, ma non solo.

Spesso, nella storia, eventi non programmati fanno da acceleratore allo sviluppo di scenari che sono già presenti nelle nostre vite, ma che il conformismo, le convenienze o le paure tengono compressi. In alcuni casi la decompressione di questi vincoli ha avuto effetti deflagranti e irreversibili sulle nostre vite. L’attuale emergenza sanitaria globale ha tutte le caratteristiche per diventare quello che fu l’attentato di Sarajevo per gli imperi centrali.

Il mondo cambierà dopo questa emergenza? Come cambieranno i nostri comportamenti? Come cambieranno le nostre priorità? E come cambierà quindi lo scenario della nostra quotidianità?

In questi giorni difficili, i designer – e in particolare i maker – hanno dato prova di un attivismo fattivo e creativo, contribuendo a generare risposte urgenti, che i meccanismi inceppati del commercio globale stentavano a dare. Un risultato importante, che ancora una volta sottolinea come il design possa essere davvero una leva strategica per un futuro migliore.

Ma se il design è ascoltare la società, in questa accezione va ricercato e proposto con coraggio anche un ruolo di ascolto propositivo, per superare le risposte puntuali e proiettarci in una dimensione generale, affrontando lo scenario che i nuovi comportamenti impongono. I nostri negozi saranno ancora così amichevoli oppure torneremo a barriere protettive? La distribuzione dei prodotti quanto avverrà ancora attraverso i negozi? Gli aeroporti e le stazioni, che già si erano adeguati al pericolo terrorismo, come dovranno adeguare le procedure di accesso al viaggio? Come dovranno essere ripensati per garantirci i teatri e i luoghi di aggregazione? Come rifletteranno i nostri nuovi bisogni gli oggetti che ci accompagnano a casa, al lavoro o nello svago?

Sono domande, che spaziano dal macro al micro, ma che insieme possono costruire un canovaccio per un confronto con le istituzioni e con chi ha ruolo decisionale, piccolo o grande. Sono domande che ADI fa ai propri associati e a tutti coloro che operano nel settore del progetto, per poter insieme costruire una piattaforma di proposte affinché il futuro non sia una semplice azione di causa/effetto, bensì un progetto consapevole per uno sviluppo sostenibile e responsabile.

Luciano Galimberti
Presidente ADI