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Italo Rota

Un architetto fuori dagli schemi, una fonte inesauribile di idee


È scomparso il 6 aprile a Milano, dove era nato nel 1953, Italo Rota, un architetto che lascia nel mondo del progetto internazionale tra Novecento e Duemila una traccia personalissima, fatta di prospettive originali, di sorprese inesauribili, di attenzione a tutti gli aspetti della vita e a tutte le culture del mondo. Dopo la laurea al Politecnico di Milano nel 1982 e le prime collaborazioni con gli studi di Franco Albini e di Vittorio Gregotti, alla fine del decennio si era trasferito a Parigi, dove con Gae Aulenti progettò la ristrutturazione degli spazi espositivi del Centre Pompidou, le sale della pittura francese al Louvre, oltre all'illuminazione di Notre Dame e del suo lungo Senna. 

A Milano aveva lavorato ai negozi di Roberto Cavalli, al Just Cavalli Café e ad appartamenti privati personalissimi, fatti su misura per la personalità di chi li avrebbe abitati. Ma soprattutto la città gli deve, nel 2010, la sistemazione degli spazi dell'Arengario, in piazza del Duomo, per ospitare il Museo del Novecento. Autore di opere d'architettura di interni in tutto il mondo – dalla la Casa Italiana alla Columbia University di New York, del 1997, al Tempio Indù di Mumbay, del 2009, al Chameleon Club del Byblos Hotel di Dubai, del 2011 – era un vorace raccoglitore di testimonianze culturali e materiali da ogni parte e cultura del mondo: libri e riviste ma anche piccoli e grandi oggetti, raccolti in una collezione personale dalla varietà affascinante e sconcertante.

Uomo di idee senza essere un teorico, è stato curatore di mostre che, quale che ne fosse il tema, avevano lo scopo principale di suscitare nei visitatori nuovi stimoli a scoprire le realtà del mondo e dell'architettura dalle angolazioni più diverse. È stato questo anche il senso della sua collaborazione con l'ADI Design Museum, che ha ospitato grazie al suo lavoro le mostre Testa e Croce. Le convergenze parallele del design svizzero e italiano (2022) e, nello stesso anno, con Aldo Colonetti, l'edizione milanese di Pianeta Città. Arti, cinema, musica e design nella Collezione Rota, 1900-2021.

Un inesauribile serbatoio di spunti di riflessione, una sequenza di punti di vista e di suggestioni materiali che illustrava la sua concezione della diffusione della cultura nel mondo contemporaneo, messa in pratica  attraverso la presenza dei musei: “I musei” affermava nella presentazione del volume Io sono museo (scritto con con Elisabetta Farioli e Francesca Grassi), “si stanno trasformando in un componimento a più voci, tra memoria, ricerca, scienza, industria, arte e umanesimo, mediato e reso possibile dalla partecipazione personale e dall’intervento del singolo, per testimoniare la libertà e la responsabilità che il futuro ci invita a considerare ogni giorno, nel presente, sia come individui sia come collettività”.