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Un’idea di futuro

Due anni di ricerca, analisi e selezione di progetti e servizi, che l’Osservatorio permanente del Design di ADI ha dedicato – per la prima volta orientato da un tema: Sviluppo - Sostenibile - Responsabile – a consegnare alla giuria internazionale della XXVII edizione del premio ADI Compasso d’Oro non solo la selezione del miglior design italiano, ma soprattutto un’idea di futuro. Spesso ho teorizzato e sottolineato come il design italiano non si sia mai limitato alla definizione delle sole forme dei prodotti e di come invece abbia ricercato e saputo costruire relazioni con quello che ormai è un mercato globale.
Il design italiano, nella sua offerta ricchissima di linguaggi espressivi, si distingue da tutte le altre forme di design del mondo per il sistema di valori che accompagnano le relazioni con i fruitori – termine oggi quanto mai limitato – valori che hanno come sfondo un atteggiamento inclusivo dei problemi quanto dei sogni dell’uomo. Così come inclusivo è il metodo di operare del design italiano, che prevede un confronto non gerarchico tra discipline e tecniche, spesso distanti tra loro ma tutte orientate dal design stesso alla ricerca di una soluzione concreta; o come prassi inclusiva delle tante esperienze di designer non italiani che nella sostanza lo diventano sul campo.
Essere inclusivi quindi come concreta prassi quotidiana di accoglienza di idee e interessi.
Questi ultimi anni abbiamo tutti sofferto e chissà per quanto ancora dovremo soffrire a causa di una pandemia, che se da un lato ha sottolineato le nostre fragilità, dall’altro ha fatto emergere la forza della nostra cultura scientifica e produttiva, ma soprattutto la forza delle nostre istituzioni democratiche, che con tutti i limiti imposti dall’emergenza planetaria, hanno saputo rinforzare il dialogo internazionale e trovare formule di collaborazione fino ad ora inimmaginabili.
La pandemia ha reso ancora più piccolo il nostro pianeta, mettendo in luce – se ancora fosse servito – come il nostro futuro sia strettamente interconnesso e come le scelte di ogni singolo sistema – sociale, politico, economico/ finanziario, produttivo ... – debbano essere messe in relazione e tutte orientate alla costruzione delle condizioni per la sopravvivenza stessa del pianeta.
Ecco quindi che il Compasso d’Oro, operatore privilegiato nel complesso sistema del design, ha il dovere di prendere una posizione chiara rispetto al futuro. Una posizione che sia una scelta di campo propositiva e progettuale, non una semplice presa di posizione di carattere comunicazionale.
Il tema dato – Sviluppo - Sostenibile - Responsabile – che connota questa edizione diventa quindi un metro di giudizio a posteriori della qualità del design italiano, ma soprattutto ne intende diventare stimolo e bussola di orientamento per il futuro di quanti nel sistema design hanno e avranno responsabilità di progetto.
Il trinomio proposto, ancora una volta vuole evidenziare le strette relazioni tra il desiderio di uno sviluppo continuo per tutti, con la necessità di operare scelte a garanzia dell’ambiente, ma anche l’urgenza di assunzione di una responsabilità concreta quanto vasta rispetto alle questioni dell’equità e della dignità del vivere insieme in questo mondo, rispetto al rapporto tra libertà e democrazia.
Il design, e quello italiano in particolare, è sistema che opera nella concretezza del vivere quotidiano, una concretezza che non si può limitare alle dichiarazioni d’intenti o alle seppur importanti denunce. Il design italiano va inteso invece come bacino di proposte di soluzioni ai problemi del vivere, con tutti i limiti che una proposta può avere, ma anche con tutta la forza e il coraggio di chi prende posizione. Invito quindi tutti a leggere questa edizione del nostro Premio in quest’ottica.
Oggi stiamo vedendo e vivendo gli effetti devastanti di una guerra, causata dall’aggressione armata della Russia ai danni dell’Ucraina, e non possiamo non riflettere sul senso del nostro futuro comune; dopo oltre settant’anni dalla fine del secondo conflitto mondiale, in un’Europa che mai avrebbe immaginato di rivivere gli orrori della violenza della guerra, carri armati e aerei da combattimento frutto di tecnologie avanzatissime fanno scempio di popolazioni e territori. Uno scenario che non può vederci semplici spettatori, uno scenario che impone a noi tutti, e al mondo del progetto in particolare, uno sforzo propositivo. Ho sempre immaginato che Il design fosse cultura intrinsecamente di pace, ma che cosa questo possa significare oggi è ancora una volta tutto da costruire, insieme.

Luciano Galimberti, presidente ADI