Design italiano e Cina: fatti e parole

Si moltiplicano gli interventi di designer e imprese italiane in Cina, non solo sotto forma di mostre, partecipazione a fiere commerciali, missioni culturali, ma anche come presenza concreta e costante: la presidente ADI Luisa Bocchietto ha annunciato alla presentazione di ADI Design Index 2012, il 2 ottobre, la costituzione – il 22 settembre – di una sede ADI nella città cinese di Ningbo. Ma le azioni con cui il design italiano si cimenta con le nuove frontiere del mercato globale sono in un'azione spesso più generosa che coordinata. Quali sono le migliori armi per affrontare con successo la collaborazione con il nuovo interlocutore?


Il 2 ottobre, al collegamento in diretta tra la Triennale di Milano e la Beijing Design Week organizzato da Meet the Media Guru, è intervenuto su questo tema Giovanni Cutolo, presidente di Fondazione ADI Compasso d'Oro e vicepresidente ADI, di cui riproponiamo l'intervento.

Nel mare sconfinato del Mercato Globale il design italiano appare come una piccola isola felice. Questa felicità deriva e si alimenta grazie al fatto che in Italia, da decine di anni, operano soprattutto piccole e medie aziende Design oriented e non Marketing oriented. Aziende che non fanno prodotti predeterminati in base alle indicazioni delle Ricerche di Mercato, ma che invece fanno prevalentemente prodotti scelti in base al loro tasso di creatività e di innovazione.

Oggetti come la lampada Arco disegnata dai fratelli Castiglioni per Flos, il divano Le Bambole disegnato da Mario Bellini per B&B Italia, o la lampada Tizio disegnata da Richard Sapper per Artemide (lampada che ho avuto il privilegio di lanciare nel 1972 durante la mia prima esperienza professionale in questo magnifico mondo che è il mondo del design italiano), sono oggetti che, come l'iPad della Apple, nato nella testa di quel Leonardo da Vinci dei nostri tempi a nome Steve Jobs, sono figli del Design e della Innovazione e non certo delle Marketing Research. Sono prodotti la cui offerta ha creato la domanda, una domanda prima della loro comparsa assolutamente inesistente o al massimo latente nella mente dei cosiddetti consumatori.

Anche io due giorni fa ero a Pechino e voglio testimoniare della sgradevole sensazione causata dalla imbarazzante inadeguatezza della presenza italiana all'interno di questa seconda Beijing Design Week. Se avessimo saputo lavorare insieme facendo “sistema”, e non solo parlandone, saremmo comunque rimasti quello che siamo: un topolino ai piedi di un elefante, ma un topolino dignitoso. Andando invece allo sbaraglio, ognuno per conto proprio senza coordinamento e senza alcun rigore, in luogo di promuovere il nostro design ne abbiamo offerto una immagine distorta e parziale, che non solo giunge in ritardo, ma rischia oltretutto di ottenere effetti controproducenti.

Resta ovviamente da segnalare il nostro consueto generoso coraggio accoppiato al contagioso entusiasmo individuale di tutti coloro che ho avuto il piacere di incontrare.



(In alto: fotografia di Claudio Vitale)